martedì 8 settembre 2015

Aforismi , citazioni e metafore per gustare la vita.

 


“Il mio Io deve essere un oggetto di amore tanto quanto ogni altro essere.” “L’affermazione della propria vita, felicità, crescita, libertà è determinata dalla propria capacità di amare.” “Se un individuo è capace di amare in modo produttivo, ama anche se stesso; se può amare solo gli altri, non può amare completamente”                                          Erich Fromm(1956)







Vincente è colui che, seguendo le proprie indicazioni interne, riesce a navigare nella vita con le proprie leggi, col proprio vento e col proprio timone, mentre navigare con il vento altrui significa abbandonarsi alla corrente”                     Aldo Carotenuto (1991)  



Se  c'è qualcosa che desideriamo cambiare nel bambino, dovremmo prima esaminarlo bene e vedere se non è qualcosa che faremmo meglio a cambiare in noi stessi.                                                                      (Carl Gustav Jung) 


   Il mondo sarebbe diverso se i bambini nascessero ridendo.                                                                                                      

 (Giovanni Soriano)  


"Tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano."                                                           

  (Antoine De Saint-Exupéry)  


 I bambini s'incontrano con grida e danze sulla spiaggia di mondi sconfinati costruiscono castelli di sabbia e giocano con conchiglie vuote, con foglie secche intessono barchette e sorridendo le fanno galleggiare sulla superficie del mare, i bambini giocano sulla spiaggia dei mondi non sanno nuotare né sanno gettare le reti.                                                               

 (Rabindranath Tagore) 



    

I bambini sanno qualcosa che la maggior parte della gente ha dimenticato.                                                                      

  (Keith Haring)   



 I bambini soltanto sanno quel che cercano.                                                                               

(Antoine de Saint-Exupéry)    

  Quando il primo bambino rise per la prima volta, la sua risata si sbriciolò in migliaia di frammenti che si sparpagliarono qua e là. Fu così che nacquero le fate.                                                                                                (James Matthew Barrie)   





      "Con il viaggio  si esce dalla realtà  per    penetrare in una realtà inesplorata che sembra un sogno."                                                                            (Guy De Maupassant) 


   L'amore immaturo dice: Ti amo perchè ho bisogno di te.
         L'amore maturo dice: Ho bisogno di te perchè ti amo.                                                  ( Erich Fromm)


                     Un'opera d'arte è soprattutto un'avventura della mente.
                                    

                                   (Eugène Ionesco)





        Le opere, come nei pozzi artesiani, salgono tanto più alte quanto più a fondo la sofferenza ha scavato il cuore.                                                                                        ( Marcel Proust )




   Tutte le arti contribuiscono all'arte più grande di tutte: quella di vivere.
                                                                                          (Bertolt Brecht)



    Un'opera d'arte è un angolo della creazione visto attraverso un temperamento.
                                   (Émile Zola)



   La speranza è una buona prima colazione, ma è una pessima cena.

                                 (Francis Bacon)





  L'uomo è ciò che mangia.  


                               (Ludwig Feuerbach)  





 Il cibo è la forma più primitiva di conforto.



                                      (Sheila Graham )




domenica 30 agosto 2015

La vergogna : una falsa esperienza del Sè

Per quale ragione da bambini abbiamo provato vergogna, pur avendo genitori  affettuosi e che si prendevano cura di noi ?


I genitori fanno vergognare i propri figli quando  basano valori e approvazione sui successi ottenuti e sull'immagine e  mettono sotto pressione i figli , richiedendo loro enormi sforzi.Da bambini sviluppiamo fiducia, sicurezza in noi stessi e autostima, quando ci viene riflessa la nostra essenza , positivamente; ossia quando ci sentiamo percepiti, visti, ascoltati, guidati, e onorati in quanto individui che stanno germogliando. Ma se invece siamo gettati in uno stampo, costituito da aspettative e proiezioni che ci provengono da altri e che non si armonizzano con la nostra essenza e le nostre doti naturali , se la nostra spontanea vitalità viene repressa dalla colpa, o peggio , se non ci sentiamo desiderati, se ci sentiamo bistrattati, copriamo il nostro nucleo essenziale di amor proprio, entusiasmo, spontaneità e autenticità con una coltre di insicurezze, paure, autosabotaggio e dubbi su noi stessi.  Così ci distacchiamo da noi stessi e sprofondiamo nel tentativo di diventare qualcuno che non siamo. Nasce così la vergogna che è quel senso di inadeguatezza di base, che ci fa sentire sbagliati, inadeguati e incapaci. Nella vergogna perdiamo la capacità di percepire noi stessi in modo preciso e positivo, e quel senso di centratura interiore viene rimpiazzato da un senso di vuoto. Perdiamo il contatto con la nostra energia vitale , smettiamo di avere fiducia in noi stessi, perdiamo la capacità di percepirci come siamo realmente e di esprimerci.Il grado di vergogna differisce da persona a persona e ognuno di noi ha il proprio tipo particolare di vergogna.Ma tutti  ce l'abbiamo.

La questione sta nello scegliere se continuare ad evitarla, nasconderla o negarla oppure se desideriamo guarirla, superarla .

Ognuno di noi ha un passato di vergogna e, scoprire quali motivi ci hanno fatto vergognare genera un'immensa compassione verso noi stessi. Probabilmente scoprendo questo proveremo rabbia e risentimento , ci sentiremo traditi , ma guarire la vergona è un rito di passaggio che occorre affrontare. Cominciamo nel qui ed ora a smettere di negare la vergogna , ponendoci di fronte a ciò che è accaduto onestamente e direttamente.

 Nel processo di immedesimazione nel bambino che tentiamo di fare , guardiamo continuamente negli specchi che i grandi ( genitori, insegnanti, fratelli maggiori) sorreggono per noi. Il nostro senso del Sè viene modellato sulla base delle immagini riflesse da questi specchi. Se lo specchio è positivo, se siamo stati amati e la nostra creatività e i nostri sentimenti sono convalidati e supportati, diamo forma a un forte senso del Sè. Per esempio se le nostre prime esplorazioni sessuali sono state rispettate e sostenute e se, da grandi non raccogliamo il messaggio verbale e non verbale  che la sessualità è sporca, sbagliata, peccaminosa o se i nostri genitori hanno un sano rapporto con la loro sessualità, allora sviluppiamo una sana relazione nei confronti della sessualità. La stessa cosa vale per gli altri aspetti della nostra energia e dei nostri sentimenti - rabbia, gioia, intimità, silenzio, tristezza, paura o creatività. Una fiducia autentica nella nostra energia e nei nostri sentimenti costituisce un terreno di fondo, un'ancora per il nostro essere , e alimenta sicurezza nel nostro interagira con gli altri e con il mondo.Ma se lo specchio riflette rifiuto, critiche, aspettative impossibili e standard ai quali non potremo mai attenerci, se lo specchio ci dice che il nostro valore  si basa su quello che facciamo, il nostro  senso del Sè va in pezzi e questo ci fa vergognare.

Molti di noi da bambini non avevano le risorse per seguire quello che la propria  vocina  sussurrava , invece di quello che dicevano i grandi.  

La nostra sopravvivenza dipendeva da quanto riuscivamo ad adattarci ai loro desideri. C'è stato passato un copione basato sui valori dei nostri genitori e sulla cultura nella quale loro vivevano, che a loro potrà essere sembrato perfetto, ma che non aveva a che fare con quello che veramente siamo. Il grado di vergogna dipende da quanto forte era lo specchio negativo e da quanto eravamo giovani, quando lo abbiamo ricevuto.

L'abuso fisico, in qualsiasi forma sia perpetrato, è una terribile umiliazione per un bambino, una profonda  violazione dei suoi confini e una rottura del suo senso del Sè. L'abuso sessuale è tutto questo e molto di più: crea profonda confusione e conflito sull'amore e sulla sessualità.

 La vergogna può anche derivare da abuso emozionale : quando da bambini riceviamo la tensione o l'instabilità emotiva di un genitore ; essa  può nascere anche quando viviamo l'esperienza dell'abbandono e della separazione fisica da coloro che si prendono cura di noi; quando assorbiamo atteggiamenti negativi e repressivi nei confronti della vita dai nostri genitori o da figure che rappresentano l'autorità.

Soprattutto la vergogna si genera quando veniamo etichettati, criticati, umiliati o messi a confronto con qualche altro, quando ci viene detto cosa pensare e cosa sentire, quando la nostra energia vitale viene repressa, quando dobbiamo prenderci cura delle emozioni e dei sentimenti di un genitore, quando non riceviamo attenzione , quando non siamo ascoltati o non ci vengono dati dei consigli. 

Alla maggior parte dei genitori manca la capacità di consapevolezza per educare un bambino, senza indurlo a vergognarsi, tranne il caso in cui abbia fatto un lavoro di consapevolezza portando alla luce e sentendo la sua vergogna .

Come la vergogna influenza la nostra vita nel qui ed ora?

Quando le nostre basi sono nella vergogna, noi interagiamo con essa in due modi: "gonfiandoci o sgonfiandoci" ossia vivendo in compensazione o crollando. Molte persone hanno compensato così bene, tanto da non avere assolutamente idea del fatto che in realtà stanno nascondendo un oceano di vergogna interiore. In questi casi la persona che ha compensato crede di essere un "vincitore"nella vita e non un "perdente", ma i meccanismi per evitare la paura vanno in frantumi quando sarà costretta a guardarsi dentro, perchè le viene assestato un colpo dalla vita - un lutto, un rifiuto, la perdita del lavoro o un incidente e sarà messo di fronte alla necessità di rimettere insieme i cocci della sua autostima , ridotta in pezzi.Probabilmente siamo consapevoli dei modi che usiamo per compensare la vergogna: possiamo usare il nostro sex appeal, il fascino, l'intelligenza, l'ambizione, la velocità - qualsiasi cosa che ci dia una certa immagine e ci ricompensi con l'attenzione e il riconoscimento da parte degli altri. Spesso persone all'apparenza molto organizzate, o che hanno tutto sotto controllo.

 Le voci della vergogna.

La vergogna ci porta a crearci delle forti convinzioni negative su noi stessi e sulla vita, che possono essere talmente interiorizzate, che nessuno può convincerci del contrario, poichè si autoalimentano e sono radicate nella struttura del nostro pensiero. Alcune delle più comuni possono essere:

"Non mi posso fidare di nessuno"

" Non sono attraente"

" Sono noioso"

" Sono troppo..."

"Nessuno potrebbe mai amarmi se solo sapesse..."

" Qualunque cosa decido di fare, non ci riuscirò"

" Devo essere il migliore in qualsiasi cosa faccia"

" Se mi apro, verrò ferito"

" Non potrò mai avere quello di cui ho bisogno, perchè non me lo merito"

" Sono troppo bisognoso"

" Nessuno mi capirà mai"

Accettare la vergogna.

La vergogna è paralizzante . Quando governa la nostra vita, viviamo in uno stato di compensazione o di abbattimento.Se accettiamo la nostra vergogna e lavoriamo con la nostra vergogna non ne restiamo intrappolati. Quando veniamo in contatto con la vergogna possiamo porre attenzione a quando si manifesta ; possiamo riconoscere i pensieri che la accompagnano, e notare come ci fa calare il livello di energia. I primissimi passi  da fare per guarire la ferita della vergogna sono: cominciare a comprenderla, a divenire consapevoli, ad accettarla. E' solo una parte di noi, quella che è stata umiliata dalla vergogna, che ha un passato doloroso, che ha sviluppato un senso del Sè danneggiato e ha dimenticato cosa siamo veramente. 

Il viaggio attraverso la vergogna porta profondità e compassione alla nostra anima. 

Quando riconosciamo e sentiamo la nostra vergogna ci risulta più facile anche vedere e sentire quella degli altri. 


ESERCIZIO : esplorare la vergogna .


La sensazione di vergogna

La prossima volta che ti senti giù, depresso/a, autocritico/a, prenditi un momento per percepire le sensazioni che il tuo corpo trasmette:

- Come vivi quest'esperienza di vergogna in realtà?

- Come vivi la tua energia?

- Quali pensieri ti attraversano la mente?

- Quale è il tuo atteggiamento nella vita in questo momento?


Possibili cause scatenantiNota in particolar modo ciò che ti fa sentire male, che ti fa sentire giù e autocritico.- E' stato qualcosa che qualcuno ha detto?- E' stato qualcosa che hai fatto che ti fa sentire colpevole o inadeguato?- Ti sei sentito rifiutato da qualcuno ?- Qulacosa non è andato nel modo in cui ti aspettavi? 

Il tuo passato di vergogna

Riguardando la tua vita:

- Riesci a ricordare precise occasioni in cui ti sei sentito umiliato?

- Esiste qualcuno importante nel tuo passato che ti ha criticato frequentemente?

- Esiste qualcuno nel passato con cui ti mettevi a confronto?

- Esiste qualcuno nel passato che ha abusato di te fisicamente?

- In che modo la tua energia vitale ( sesso, rabbia, gioia, tristezza o creatività ) è stata repressa?

- Quale era l'atteggiamento di tua madre o di tuo padre nei confronti della vita? nei confronti del sesso? della rabbia? della passione? della gioia? 




domenica 23 agosto 2015

Il counseling

   Ci sono sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo o assumersi la responsabilità di cambiarle.
     (Denis Waitley)

La continuità ci dà le radici; il cambiamento ci regala i rami, lasciando a noi la volontà di estenderli e di farli crescere fino a raggiungere nuove altezze.
(Pauline R. Kezer)

Il momento del cambiamento è l'unica poesia.
   
(Adrienne Rich )

Esistere è cambiare, cambiare è maturare, maturare è continuare a creare se stessi senza fine.
(Henri Bergson)






Il Counseling è una relazione d’aiuto professionale, che si rivolge a chi sta vivendo  una situazione di impasse, di disagio esistenziale che non gli permette di vivere serenamente e lo blocca, facendolo sentire frustrato e incapace di dare una nuova svolta alla sua vita. Esso è l’espressione relazionale più congeniale per  offrire  aiuto all’altro, attraverso un ascolto attivo e una comunicazione comprensiva.
 Nella relazione di counseling la persona che chiede aiuto  viene accompagnata a scegliere e decidere in modo informato e autonomo, con l’obiettivo di mobilitare tutte le sue risorse, per realizzare comportamenti, pensieri e modi di sentire che possano soddisfare le sue intenzioni e aspettative di vita, in modo costruttivo  e compatibile con il suo ambiente di vita.Nel processo di Counseling le “normali difficoltà” della vita quotidiana come un momento evolutivo problematico, un conflitto, una scelta esistenziale complessa, uno stress, vengono affrontate in piena condivisione da Counselor e Cliente , lasciando a quest’ultimo la piena responsabilità nel decidere la meta da raggiungere e la strada da percorrere , a piccoli passi, dopo  l’individuazione dei propri punti di forza.
Il counseling aiuta a sviluppare nuove abilità e a potenziare quelle già disponibili a livello individuale, della rete di supporto sociale e della comunità, difatti esso è trasversale alle diverse aree della vita in cui gli individui e/o i sistemi umani possono trovarsi in difficoltà. Competenze differenziate di counseling possono essere apprese e applicate in un’ampia gamma di contesti professionali (scuola, azienda, istituzioni, comunità, ospedali…) e personali (famiglia, coppia, lavoro, studio…).Il counselor risulta una figura professionale che stimola il cambiamento: egli  non scopre nulla che non sia già nel cliente, si pone come strumento di mediazione dei processi di trasformazione della persona, promuovendo  nuovi stili di vita attraverso l’acquisizione di  competenze nell’uso delle risorse soggettive disponibili .  Agevola l’acquisizione da parte del cliente  di life skills , ossia di abilità comunicative, di intelligenza emotiva e sociale e di autoregolazione (come l’individuazione delle proprie convinzioni disfunzionali e una più piena consapevolezza di sé). Infine il counselor facilita nel cliente processi di orientamento, decisione e scelta;  sviluppo e promozione del benessere (individuale e di gruppo) e tutto ciò lo svolge con pieno rispetto, empatia e fiducia nella persona. 


ORA VOGLIO PROPORTI IL VIDEO DI ELVINO MIALI 
" CRESCITA PERSONALE: COME GODERSI IL PERCORSO".
BUONA VISIONE!



sabato 22 agosto 2015

Vincere lo stress



     Ridurre la quantità di Stress o accrescere la capacità di affrontarlo?

Lo stress è una reazione emozionale intensa ad una serie di stimoli esterni o interni , che a volte divengono troppo intensi e incalzanti e la nostra capacità adattiva di risposta viene meno , e se non manifestiamo capacità di contenimento lo stress può diventare una vera e propria patologia fisica o psichica . In alcune circostanze, secondo alcuni autori lo stress può essere positivo e viene denominato EUSTRESS, essendo le conseguenze della sua attivazione positive e adattive per il soggetto. Ma quando si ripete una situazione di persistente iperattivazione con alterazione di funzioni entriamo nel campo del DISTRESS. In questo caso lo stress diviene nocivo perchè provoca senso di frustrazione , insicurezza, depressione , fino ad arrivare a percepire un senso di fallimento e di incapacità di risposta all'ambiente.Secondo le stime statistiche nell'Unione Europea ci sono circa 41.000.000 di lavoratori stressati, perchè è proprio sul posto di lavoro che nascono i primi sintomi dello stress dovuti principalmente a: relazioni interpersonali disfunzionali e conflittuali con colleghi e superiori ; mansioni frustranti, retribuzione inadeguata e poco soddisfacente . Ma lo stress può nascere anche in altri ambiti per un accumulo di pressioni che non si riescono a fronteggiare. Difatti quando il livello di tensione cresce, anche  in famiglia o nella vita di coppia, si può scatenare una serie di reazioni fisiche dovute al rilascio di adrenalina e cortisolo e, a lungo andare, si determina un abbassamento di difese immunitarie e si è più vulnerabili alla malattia.Lo stress influisce anche sul comportamento e sull’umore, difatti quando si e stressati il più delle volte ci si chiude in se stessi, ci si concentra sempre sui problemi da affrontare e si mostra irritabilità, nervosismo agli altri , molte volte anche in modo irrazionale. Alcune forme di stress possono essere la conseguenza di un evento negativo o positivo di una certa portata (nuovo lavoro, trasferimento, malattia, lutto in famiglia, sovraccarico di lavoro), ma molto spesso una comune fonte di stress è il tentativo di “fare tutto” e di “essere tutto”(la tensione di essere un “bravo genitore”, “bravo partner “, “bravo amico”, “bravo lavoratore” ecc. può determinare un vissuto all’insegna di un costante stato di tensione , finchè non si raggiunge la condizione nota come stress. Inoltre spesso si è intrappolati nella gabbia delle richieste altrui, e si fa di tutto per rispondere agli altri premurosamente, spesso anche affannandosi e , soprattutto non facendo mai richiesta di aiuto, nel caso di bisogno personale e fidandosi solo e soltanto di se stessi.        







Ora passiamo ad un Esercizio per scoprire se sei incline allo stress.Rispondi a ciascuna domanda assegnando un punteggio da 4 a 1 , dove 1 equivale a MAI e 4 equivale a SEMPRE. 


Sei incline allo stress?

1. Ti affanni da un lavoro all'altro?

2. Fai più cose contemporaneamente?

3. Trovi più rapido e semplice fare le cose da solo/a , piuttosto che delegare o chiedere aiuto?

4. Ti irriti quando gli altri sono più lenti di te?

5. Parli con entusiasmo e decisione?

6. Sei teso/a?

7. Se ti concedi del tempo per rilassarti, ti senti in colpa?

8. Ti preme che la tua auto/ casa/ professione/ ultimo lavoro sia paragonabile o migliore di quello  degli altri?

9. Sei irascibile o percepisci che puoi esserlo?

10. I difetti degli altri ti infastidiscono?


Rivedi i punteggi: se hai assegnato più 3 o 4 sei una personalità del "Tipo A" ossia incline allo stress.Se invece hai dato prevalentemente 1 o 2 , sei una personalità del " Tipo  B"ossia calma e rilassata.

2° ESERCIZIO 
Come reagisci allo stress?


Rifletti su ciò che fai durante la settimana nell'arco di ciascuna giornata . 

Elenca su un foglio in una PRIMA COLONNA tutte le situazioni che ti stressano (es. un episodio significativo al lavoro, oppure cose da niente come  il tubetto del dentifricio senza tappo ecc..).

In una SECONDA COLONNA descrivi  come ti fa sentire ciascuna situazione; 

infine in una TERZA COLONNA rifletti sul tuo comportamento, descrivendo le tue reazioni tipiche (sbattere la porta, urlare, chiuderti nel mutismo, continuare a lavorare ma con risentimento. 


Ora analizza ciò che hai scritto e rispondi a queste domande:

1. I tuoi agenti stressanti sono importanti o minori?

2. C'è una continuità nel tuo modo di reagire?

3. Reagisci in modo diverso a casa o sul lavoro? 

E reagisci diversamente con persone diverse?

4. Le tue reazioni sono positive o negative ossia tendono a contrastare e ridurre lo stress , o aumentarlo?

5. In quali occasioni reagite positivamente allo stress?

Ora dopo aver avuto modo di riflettere, annota le tue riflessioni e poi pensa  se intravvedi la possibilità di un cambiamento.

In tal caso ipotizza delle "AZIONI CONCRETE PER EVOLVERE". 

Elenca quindi come puoi reagire in ciascuna situazione stressante. 


SE NON CE LA FAI DA SOLO E HAI BISOGNO DI AIUTO, CHIEDILO AD UN PROFESSIONISTA DI COUNSELING . In bocca al lupo!


martedì 18 agosto 2015

Il desiderio





Il desiderio è motore e carburante dell'esistenza. E' bello vivere il desiderio ; esso è lo stato interiore di euforia per eccellenza, l'unico in grado di dare energia e seminare l'esistenza propria e altrui di occasioni uniche.
Esiste un legame tra desidero e motivazione : non vi può essere desiderio senza una forte motivazione e un forte impegno che sostenga e spinga ognuno ad attualizzare e attuare ciò che desidera. Senza questa spinta propulsiva, il desiderio rimane un atto di autocontemplazione di ciò che si vorrebbe , un ripiegarsi su di sè che non garantisce alcuna crescita e realizzazione; dunque quanto maggiore è la consapevolezza delle proprie potenzialità e dei propri limiti, maggiore sarà la presa di coscienza di ciò che realmente desideriamo.


Nella vita di coppia già dalla prima fase dell'innamoramento, il desiderio si manifesta come un riverbero del passato e colma una mancanza inespressa, presente nella memoria inconscia.
L'alchimia del desiderio e dell'attrazione prende forma attraverso il mistero della seduzione e la magia di Cupido (E. Giusti,2009). L'intensa tempesta magnetica prodotta dal desiderio consente un ritrovamento parziale del primo oggetto d'amore : La potenza di eros domina sul cuore con la brama di avere e possedere la persona desiderata.
Quindi il desiderio consentendo l'innamoramento, assume una funzione riparativa di risanamento di un'antica parte perduta.

Lo slancio vitale che il desiderio produce ci inebria di vitalità euforica ed è la base di tutte le passioni. I desideri ci danno la libertà di sognare e il potere di trasformare i nostri sogni in realtà . 
L'arte del desiderio ci inonda il cervello di dopamina con la voglia di agire, fare, creare, scoprire, sapere di più, amare, fare l'amore. La memoria fusionale della nostra infanzia che esalta il piacere di essere una cosa sola, come nel grembo materno, favorisce il nostro tendere verso l' altro/a e ci sospinge ad un'attività di immaginazione e fantasia creativa. L'incontro è complementare : lui/lei rappresenta ciò che mi mancava ,praticamente mi fa attivare e insieme desideriamo " l'idea che abbiamo dell'altro" 
Il desiderio ,tuttavia, può essere travolgente con tonalità intense ,alternato da istanti magici e forti sensazioni di mancanza , durante le quali le attese divengono intollerabili se si intensifica l'assenza dell'altro.Quando il desiderio risulta dominante e viscerale diventa una spinta globale e travolgente: pensiero, immagini, emozioni, pulsioni e comportamento si amplificano quando un impedimento ne preclude la soddisfazione.
Ci si può "perdere " nel desiderio, sia con il fine della mera contemplazione dell'altro, sia con il fine del possesso, e ciò può determinare sensazioni dolorose o piacevoli : dolore per la mancanza dell'oggetto desiderato,piacere per la rievocazione di un'esperienza passata che ancora agisce nel presente.

Assumersi la responsabilità dei propri desideri è presupposto fondamentale per individuarli e riconoscerli come autenticamente propri : e questo è il punto di arrivo e insieme il punto di partenza per vivere il desiderio in ogni sua dimensione , e aprire le porte alla creatività e alla fantasia, indispensabili fonti di alimentazione di esso.E' utile rendere esplicito il desiderio, la risposta dell'altro e la risposta del Sè.
 Per individuare i propri desideri la strada più idonea è quella di mettere in comunicazione tra loro parti della personalità in grado di aprire i canali che alimentano un dialogo interno, piuttosto che obbedire alla logica della compiacenza, del senso di colpa, della paura e della disistima di sè.


tratto da:

E. Giusti - Ornella Mariani- Marco Salerno   "Terapia del desiderio " Edizioni SOVERA MULTIMEDIA  Roma, 2011

lunedì 17 agosto 2015

Sovrappeso nella preadolescenza e adolescenza .


 Il fenomeno del  sovrappeso e dell’obesità nell’infanzia e nell’adolescenza è divenuto uno dei più importanti problemi di sanità pubblica , poiché si sta assistendo ad una crescita esponenziale di esso, che richiede una programmazione di interventi mirati, al fine di promuovere stili di vita salutari che possano scongiurare  disagi di natura psicologica e somatica in età adulta,nei soggetti interessati.

Da una ricerca  denominata Health Behaviour in School-aged Children (HBSC), coordinata dall’Organizzazione mondiale della sanità, rivolta a conoscere i comportamenti legati alla salute nei preadolescenti e negli adolescenti, risulta che il sovrappeso in preadolescenza e adolescenza ha come conseguenze sulla salute, una diminuzione della qualità della vita, con  sintomi di natura psichica o fisica differenti  tra i due sessi.

Già  sessanta anni fa, Hilde Bruch descriveva i bambini obesi come «fondamentalmente infelici e male adattati». Ai giorni nostri i risultati dell'indagine evidenziano  una forte correlazione  tra sintomi psichici (come la depressione , il senso di irritabilità,sbalzi di umore ) e somatici come mal di testa o di schiena con il sovrappeso, oltre ad un maggiore isolamento, e quindi difficoltà sul piano delle relazioni interpersonali , da parte degli obesi. rispetto al gruppo dei pari normopeso. 

I sintomi che si associano con più frequenza al sovrappeso nei maschi sono: il mal di testa e il mal di schiena ; il fatto di sentirsi giù di morale contraddistingue, rispetto ai coetanei, sia i maschi sia le femmine  in sovrappeso. Gli studi condotti sull’espressione dei sintomi psicologici hanno in generale mostrato che i maschi sono maggiormente soggetti all’espressione di irritabilità, mentre le femmine sono più inclini a umore triste e sintomi cognitivi (per esempio auto-deprecazione). Inoltre, gli studi condotti sulle popolazioni adulte hanno messo in evidenza che gli uomini esprimono più delle donne la loro sofferenza psicologica con disturbi di natura fisica. Quindi, maggiore attenzione dovrebbe essere rivolta a sviluppare programmi e condizioni di vita per i ragazzi che sono in sovrappeso, non solo per le importanti ripercussioni sulla loro vita e salute future, ma anche perché il sovrappeso risulta spesso associato a sintomi e segnali di un disagio più ampio.

E’ importante intervenire soprattutto partendo dalla  famiglia . per sollecitare comportamenti e stili educativi nuovi , finalizzati a formare stili di vita salutari nei ragazzi. Ciò prevede una serie di  raccomandazioni rivolte soprattutto ai genitori, che dovrebbero uniformare il loro comportamento, non solo alimentare , a quello raccomandato dagli specialisti al proprio figlio. Essi, rappresentando le figure più significative con le quali il pre- adolescente  viene in contatto in tutto l'arco evolutivo,  possono incidere notevolmente sul suo sviluppo ,promuovendo atteggiamenti salutari e incoraggiando un corretto stile di vita,  soprattutto con l'esempio e la coerenza comportamentale  e  proponendosi come modelli positivi, per l' accettazione  di restrizioni o regole alimentari e non . Agendo in modo sistemico , tutti i  familiari sono responsabili nel creare un ambiente che supporti il mantenimento di un peso sano, anche se le raccomandazioni ai genitori variano, in base all'età del ragazzo e al grado di sovrappeso.

E' fondamentale che tutti i componenti della famiglia seguano una traiettoria comune, costellata da regole, sia nella gestione dei pasti in famiglia, che nelle scelte alimentari o nel fare la spesa; inoltre è  importante che i genitori  incentivino  l'attività fisica attraverso il loro stesso coinvolgimento in prima persona, promuovendo attività all'aperto e riducendo comportamenti  sedentari .Sarebbe infine apprezzabile che essi incoraggiassero il cambiamento del ragazzo in sovrappeso, non solo fissando obiettivi per lui, ma ponendoli per tutta la famiglia, con l'uso di rinforzi positivi ad ogni traguardo raggiunto.

A livello preventivo appare auspicabile investire anche nella scuola , non solo in fase pre- adolescenziale, ma anche adolescenziale con interventi di Counseling Scolastico che, oltre a potenziare autostima ed autoefficacia dei soggetti sovrappeso, agiscanno sul sistema classe , aumentando il livello di empatia e migliorando le relazioni tra studenti, al fine di ridurre le occasioni di derisione e discriminazione di questi soggetti. In questi casi i progetti  di Counseling rivolti ai gruppi, guideranno i componenti delle classi a interagire in modo via via più armonico ed equilibrato,incrementando l'accettazione degli altri e il senso di appartenenza al gruppo classe ossia migliorando l'empowerment dell'intera classe e il senso di ben- essere.


tratto da :  "Emozioni e cibo "Anno 2011 n°33


"Il sovrappeso nei preadolescenti italiani: il legame con i sintomi psicosomatici "
Massimo Santinello, Alessio Vieno
Dipartimento di psicologia dello sviluppo e della socializzazione, Università di Padova









domenica 16 agosto 2015

Fare amicizia con la Paura


 "Paura significa una cosa soltanto, abbandonare il conosciuto ed entrare nello sconosciuto.  la  stessa novità, la sua stessa freschezza è cosi attraente. Allora c'è coraggio che è il  contrario della paura... Quello che conta è la tua scelta, la tua scelta di imparare, la tua scelta di provare un'esperienza, la tua scelta di entrare nell'oscurità...                                                                                                                                           (Osho )

Fare amicizia con la paura 
La paura è un tema fondamentale, forse il tema centrale con il quale abbiamo a che fare in tutta la nostra vita. Essa risulta una emozione intensamente spiacevole, che assolve una funzione impellente indirizzata alla sopravvivenza: predisporre il soggetto alla fuga dal pericolo. L’intensità della risposta di paura, il grado di attivazione a stimoli nuovi e la vulnerabilità al panico si differenziano da persona a persona e possono determinare gradi diversi di sicurezza interpersonale. Quando la paura  è negata e non riconosciuta  viene cacciata negli scantinati della coscienza , da dove esercita una influenza potente e spesso invalidante sulle nostre azioni. Nonostante i tentativi di nasconderla con ogni tipo di compensazione e assuefazione, finchè rimane una forza nascosta può causare ansia cronica, sabotare la nostra creatività , renderci rigidi, sospettosi e ossessionati dalle insicurezze. L’ansia è al contrario una risposta a situazioni simboliche, psicologiche e sociali, non legata a pericoli fisici e reali. Essa rappresenta una risposta al timore che nasce quando è minacciato il senso di pienezza, coerenza e stabilità del Sé. Nell’età evolutiva possono esserci stati, nella vita del soggetto esperienze connotate da imprevedibilità e mancanza di controllo personale che possono determinare diverse tipologie di ansia interpersonale,  paura nell’intimità e paura di perdere il controllo.La paura e l’ansia, in qualità di esperienze emozionali, sono fondamentalmente diverse e distinte,  ma spesso vengono confuse e i due termini vengono adoperati in maniera alternabile, pur nella loro differente accezione.  La paura  influenza e spesso domina tutti gli aspetti della nostra vita – il modo in cui parliamo, lavoriamo, mangiamo, ci poniamo in relazione, creiamo o non facciamo niente di tutto ciò proprio per la paura stessa. Influisce sul nostro modo di respirare e ci impedisce di riconoscere le nostre risorse e le nostre qualità positive. E’ un fattore onnipresente che tentiamo di ignorare, sopraffare o allontanare (Krishnananda,2010).L’ansia è una componente decisiva per l’azione e per l’interazione con gli altri; e la capacità di sperimentare tale sentimento induce la persona alla progettazione e organizzazione del futuro e la spinge a migliorare le prestazioni del presente. L’ansia si può vivere come stimolo ed eccitamento preparatorio ad una attività importante; al contrario può divenire disturbante e disfunzionale quando si cronicizza e induce il soggetto a prevedere esiti catastrofici nel presente e nel futuro, a causa di legami con eventi passati non sufficientemente elaborati. Se viene ricordata la paura, l’azione si blocca, l’ambiente viene controllato in modo esageratamente attento e vengono pianificati piani per la fuga dalla situazione temuta oppure di evitamento del pericolo avvertito. Il sistema nervoso risponde a questa situazione attivando una serie di segnali: nell’organismo si verifica una scarica di adrenalina e il soggetto si pone in uno stato di allerta, focalizzandosi sulla situazione e restringendo il focus sul sé, con la preoccupazione di non avere le capacità di effettuare una prestazione efficace. La complessità del lavoro sulla paura e l’ansia implica l’accesso ad una reazione complessa, che ha componenti disadattive e la ristrutturazione di questo schema emotivo è un lavoro di psicoterapia e non di counseling . Tuttavia è importante aiutare gli individui a riconoscere la loro paura primaria, la debolezza e la vulnerabilità, quando essi mostrano una facciata di forza e ignorano i propri sentimenti sani di paura e di insicurezza (Leslie S. Greenberg- S. Pavio).
Imparare ad avvicinarsi alle proprie paure con amore e compassione significa effettuare un profondo processo di risanamento interiore. Molto di ciò che ci trattiene dal vivere una vita appagante risiede nella paura , che spesso non esploriamo e con la quale non ci  integriamo. Maggiore è la capacità di accettare le proprie paure e di lavorarci sino in fondo e meglio si può vivere la propria  vita , ricevendo piena gratificazione in ogni momento . Molti di noi sono stati educati  in una atmosfera di competizione, di confronto, di pressione e tensione continua e sono stati giudicati e valutati in base al rendimento e alla apparenza, piuttosto che all’essere. In questo contesto il senso del Sé viene danneggiato e si perde completamente il proprio innato senso di fiducia e apertura mentale, portandosi dietro un pesante  carico di paura e vergogna.
Evitare le proprie paure , la propria vulnerabilità , il proprio vuoto interiore ,significa vivere anestetizzato dal punto di vista emozionale per cercare di proteggere quel “bambino interiore terrorizzato dal fallimento e dal rifiuto. Così si evita di entrarci dentro , si giudica e si critica se stessi , si tenta di migliorare la propria immagine , di ricercare l’approvazione dell’altro , non concentrandosi su se stessi in modo profondo.  La paura non elaborata è anche causa di effetti negativi nelle relazioni interpersonali. E’ dunque importante sviluppare la capacità di avvertire in che modo la paura  si manifesta all’interno del proprio corpo e imparare ad accorgersi di come e quando il nostro processo mentale viene pilotato da essa.
Fare amicizia con il nostro bambino interiore in panico
La paura è alla base di disfunzioni, pregiudizio, protezione, aggressività, crollo emotivo ; sta dietro ai conflitti relazionali, all’elusione dell’intimità, all’autosabotaggio, alle strategie di controllo, all’essere critici, e perfezionisti. Essa ci induce a evitare le novità, le persone nuove, le modalità di pensiero diverse e i differenti stili di vita. Può anche essere all’origine di molti disturbi fisici - asma, attacchi di panico, eruzioni cutanee, problemi di digestione, dolore e affaticamento cronici. Spesso la paura paralizza la nostra vitalità e vivacità. Ma i problemi nascono quando la paura non è riconosciuta, non è provata sino in fondo e non è accettata. Quindi il viaggio di guarigione dalla paura nasce proprio dalla esplorazione della stessa.
Immaginiamo di vedere un bambino terrorizzato , molto piccolo. Prendiamoci un momento per percepire la sua paura; qualcosa lo sta spaventando , ma noi non ne conosciamo il motivo e, forse nemmeno lui lo sa. Non crede che possa uscire allo scoperto, forse avverte una minaccia. A uno sguardo più attento notiamo negli occhi del bambino sfiducia, paura, insicurezza. Forse è agitato e i suoi occhi guizzano a destra e a sinistra. Ognuno di noi si porta dentro un bambino come questo- uno spazio di profonda paura e insicurezza. Sintonizziamoci con questa parte interiore estremamente vulnerabile, profondamente terrorizzata , giovane, fragile, senza difese.
La metafora del bambino interiore in panico ci aiuta a sentire e provare nel corpo le sensazioni che la paura porta con sé , ma ci aiuta anche a prendere un po’ la distanza per poterla superare.Non è facile riconoscere che ci portiamo dentro tanta paura che spesso non ha niente a che vedere con l’immagine che abbiamo di noi stessi. E’ comunque enormemente importante smettere di rinnegare la paura e tirarsi fuori da schemi di compensazione e di protezione inconscia nei quali viviamo da tutta un’esistenza. Molti di noi adottano modelli di dipendenza , che non sono altro che un prender le distanze da quella paura che ci portiamo dentro. Quando cominceremo a esplorare la paura ,inizieremo anche ad accorgerci di tutti i modi che abbiamo per evitarla ; come quando nascondiamo la paura con un programma comportamentale di massimo rendimento, finalizzato a dimostrare di essere i migliori, ma che finisce col manifestare la paura nei momenti più impensati.  La nostra paura è intensa, è legata alla sopravvivenza, oppure temiamo di essere inadeguati sessualmente, temiamo disfunzioni o impotenza; tremiamo all’idea di non essere amati, di non essere desiderati, di essere respinti. Abbiamo paura di non essere in grado di esprimerci, di essere insignificanti; infine a un livello profondo c’è la paura della morte , alla base di tutte le altre. Quando lavoriamo con la paura è importante distinguere quella reale , da quella emozionale: la prima viene provocata da qualche minaccia diretta e ci garantisce la sopravvivenza, poiché il nostro sistema nervoso si attiva per affrontare il pericolo.La paura emozionale deriva invece da traumi del passato non risolti, che riportiamo nel presente. E’ la paura del nostro bambino in panico. Questa ci porta ad avere difficoltà nel discernere in modo appropriato nelle situazioni la vera paura , da quella che è in noi.
Le quattro grandi paure
Le paure fondamentali che si manifestano in tutte le aree della nostra vita: sessualità, creatività, autoaffermazione, capacità di relazione con il partner, amici, conoscenti e figure che rappresentano l’autorità , sono :
- Paura delle pressioni e delle aspettative;
- Paura del rifiuto e dell’abbandono;
- Paura di non avere spazio, di essere frainteso o ignorato;
- Paura dell’abuso o della violazione fisica .
Nel nostro condizionamento non c’è posto per la paura – ci hanno insegnato a nasconderla. La nostra cultura non valuta molto l’onestà di chi riconosce la propria paura . D’altra parte come possiamo esprimere qualcosa con cui non siamo in contatto? La copriamo con la protezione, il rifiuto, l’inconsapevolezza, nascondendo la vulnerabilità sotto una maschera , perché questo è quello che abbiamo imparato a fare per poter sopravvivere. Abbiamo imparato a sopportarla, ingannandoci continuamente , nel credere che sia meno doloroso negare la paura piuttosto che lasciarla venire in superficie (Krishnananda,2010).
 Far uscire il bambino in panico.
Normalmente non abbiamo un rapporto di compassione e di amore con la nostra paura, al contrario ci relazioniamo con essa o facendo finta che non esista; bloccandola con delle compensazioni; recitando la parte della vittima e incolpando gli altri, il tempo ecc. per le nostre paure; astraendoci ogni qualvolta la paura si presenta; giudicandola come uno stato d’animo di chi è fragile, stupido o altro; regredendo per fare in modo che gli altri si prendano cura del nostro bambino in panico. 
Sentire la paura 
Il modo più immediato per sentire la paura ed entrare in contatto con essa è costituito dal sentirla fisicamente attraverso tutti i segnali che manda al nostro corpo: senso di contrazione al petto, alla schiena, alla gola, all’addome o in altre parti del corpo; mani sudate, senso di calore , mani o piedi freddi, tremito, battito cardiaco accelerato, dolori improvvisi , irrequietezza , avere il fiato corto, avere nausea o una sensazione di disagio .
L’origine della paura
 La paura  primaria disadattiva è come una reazione fobica a pensieri, sentimenti e ricordi , di solito associata ad eventi traumatici . Essa ha avuto una funzione adattiva nella situazione originaria , ma continua ad essere attivata in modo inopportuno e si trasforma in ansia . Si verificano così episodi di forte attivazione anche di fronte a situazioni obiettivamente non pericolose. La persona più che altro teme di rivivere il dolore e l’impotenza legati all’evento vissuto nel passato; di conseguenza teme di affrontare una situazione ed evita l’esperienza (Leslie S. Greenberg- S. Pavio) .
 La paura può essere generata da svariate ragioni, essa ci viene trasmessa già dalla eredità collettiva culturale della nostra famiglia; inoltre può esserci anche lo shock del lasciare il grembo materno , che causa spavento e malessere. Qualsiasi abuso emozionale, fisico o sessuale che riceviamo dopo si aggiunge al trauma della nascita: la mancanza di approvazione, di attenzioni, di amore, rispetto e cure costituiscono una fonte di panico. I nostri bisogni di accettazione incondizionata, di riconoscimento, approvazione , di amore tenero possono non trovare risposta . Così da adulti ci portiamo dietro ancora la paura primaria di non ottenere ciò che per noi è fondamentale; e se esploriamo queste paure possiamo comprendere  che la paura del fallimento e della disapprovazione, il sentirci sempre sotto pressione per essere all’altezza di soddisfare le aspettative dei nostri genitori e della cultura di appartenenza, derivano da profonde paure vissute nell’infanzia Solo grazie alla consapevolezza, alla comprensione e alla compassione possiamo trovare quella fiducia e quello spazio necessario a contenere la vulnerabilità, l’insicurezza e l’imprevedibilità. Al nostro bambino interiore mancano queste qualità e per guarirlo dal panico dobbiamo portarlo a trasformare la fragilità in accettazione.
Accettare la paura
Quando la paura arriva la nostra mente razionale non desidera altro che sparisca, che si annulli. Abbiamo paura di sentirla e di condividerla; ancora ci giudichiamo e incolpiamo perché proviamo quelle sensazioni . Rimane il timore che la paura possa dominare la nostra vita. Al contrario dobbiamo essere consapevoli e certi che se ci immergiamo in essa potenziamo il nostro potere e costruiamo maggiore dignità per noi stessi.


Bibliografia
Krishnananda, Amana
A tu per tu con la paura
Vincere le proprie paure per imparare ad amare 
Universale Economica Feltrinelli; 2010.
Leslie S. Greemberg - S.Paivio
Lavorare con le emozioni in psicoterapia integrata 
Sovera Multimedia Editore , 2000.